L’azione collettiva, detta anche class action, è un’azione legale (nei confronti del medesimo soggetto), attraverso la quale è possibile difendere i diritti vantati da una pluralità di soggetti. La class action permette quindi, con un unico procedimento giudiziale, la trattazione di più domande di risarcimento correlate allo stesso tipo di illecito lesivo da parte della medesima impresa. 

L’azione collettiva dopo la riforma

Grazie a una class action, un’intera classe di consumatori, utenti, organizzazioni e associazioni no profit possono agire collettivamente per vie legali al fine di tutelare i diritti individuali contro l’impresa o l’ente gestore di servizi pubblici o di pubblica utilità, che li ha violati. L’istituto fino al 2019 era disciplinato dall’art. 140-bis del Codice del Consumo, ma dopo la riforma questo strumento è passato al Codice Civile. 

A seguito della riforma inoltre, sono cambiati anche i soggetti che vi possono accedere e le circostanze da far valere in giudizio. La nuova class action, infatti, non è più rivolta solo ai consumatori e agli utenti com’era in origine, ma a tutti coloro che avanzano delle pretese risarcitorie. Per questo motivo sono legittimate anche le organizzazioni e le associazioni senza scopo di lucro regolarmente iscritte nell’apposito elenco pubblico del Ministero della Giustizia.

Dal punto di vista oggettivo, la nuova class action sarà esperibile sia in caso di violazioni contrattuali, sia in caso di responsabilità extracontrattuali.  

Come si avvia un’azione collettiva

La domanda per l’azione collettiva si propone con ricorso davanti alla sezione specializzata in materia di impresa del Tribunale competente dove ha sede l’impresa sotto accusa. Il ricorso e la data d’udienza sono pubblicate dal Ministero della Giustizia entro 10 giorni dal deposito, nell’area pubblica del portale dei servizi telematici.

Entro 30 giorni dalla prima udienza il Tribunale decide con ordinanza sull’ammissibilità della domanda (che viene pubblicata sempre nel portale dei servizi telematici del Ministero della Giustizia) entro 15 giorni dalla pronuncia. La domanda è inammissibile quando:

  • È infondata;
  • Se esiste un conflitto di interessi tra il ricorrente e la parte resistente;
  • Il Tribunale non ravvisa omogeneità dei diritti individuali tutelabili;
  • Se il ricorrente non è in grado di curare in modo adeguato i diritti individuali omogenei fatti valere i giudizio.

Se l’istanza viene dichiarata ammissibile, il procedimento sarà regolato dal rito sommario di cognizione. Nella seconda fase della class action è collocata la decisione sul merito, cioè il Tribunale decide con sentenza se l’azione di classe viene accolta, provvede sulle domande risarcitorie o restitutorie, accerta la lesione dei diritti individuali omogenei e ne precisa i caratteri.

Quando il giudice delegato, con decreto motivato, accoglie in tutto o parzialmente la domanda di adesione, condanna il resistente al pagamento delle somme dovute o delle cose dovute a ogni aderente a titolo di risarcimento o di restituzione. Il provvedimento ha carattere esecutivo, e viene comunicato al resistente, agli aderenti, al rappresentante comune e ai difensori. La parte resistente inoltre, deve corrispondere al rappresentate comune degli aderenti un importo stabilito percentualmente, in base al numero dei componenti della class action in misura progressiva, oltre al rimborso delle spese sostenute e documentate.

La nuova disciplina in ogni caso, entrerà in vigore a ottobre 2020, fino ad allora si continuerà ad applicare la disciplina del Codice del Consumo per illeciti commessi anteriormente.